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Natalino Bentivoglio Scarpa, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Cagnaccio di San Pietro, nacque il 14 gennaio 1897 a Desenzano del Garda. La sua infanzia si svolse nella casa dei nonni sulla laguna veneta, dove fin da giovane mostrò una spiccata predisposizione per la pittura. La sua formazione artistica iniziò nel 1912 all'Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di Ettore Tito, ma fu costretto ad abbandonare gli studi dopo solo un anno a causa di problemi economici. La sua carriera artistica prese una svolta nel 1910, quando visitò la personale di Gustave Klimt alla Biennale di Venezia, rimanendo fortemente influenzato dalle novità della Secessione viennese. Nel 1917, Cagnaccio fu chiamato alle armi e, dopo due anni, congedato a causa di un incidente al polpaccio. Nel 1919, partecipò a una mostra di Ca’ Pesaro presentando due dipinti di carattere futurista, segnando così l'inizio della sua carriera artistica. A 28 anni, si sposò con Romilda Ghezzo e insieme si trasferirono a Napoli, per poi fare ritorno a Venezia dove Cagnaccio ricevette l'incarico di ristrutturare l'ex caserma di San Pietro. Fu in questo periodo che nacquero i suoi figli, Liliana nel 1923 e Guerrino nel 1925. Cagnaccio di San Pietro adottò il suo nome d'arte in ricordo di San Pietro in Volta, sull'isola di Pellestrina, dove aveva trascorso la sua giovinezza. La sua partecipazione alla Biennale di Venezia divenne una costante fino al 1942, e da quel momento iniziò a farsi notare dal grande pubblico con frequenti mostre e personali. Nonostante il suo carattere schivo e il suo credo antifascista, che lo portarono a disdegnare affiliazioni e adunate, Cagnaccio di San Pietro riuscì a esprimere la sua arte in modo unico e riconoscibile. Tra il 1932 e il 1935, eseguì molti ritratti che riflettevano la sua visione artistica, tra cui "Ritratto della signora Vighi", "Operaia" e "Attesa". Nel 1934, realizzò "I naufraghi", ispirato al ritrovamento di un cadavere riportato dal mare, un'opera che colpì profondamente anche i suoi genitori. L'anno successivo, partecipò alla Mostra dei quarant'anni della Biennale, alla Seconda Quadriennale di Roma e all'esposizione presso il Circolo artistico di Venezia. Cagnaccio di San Pietro è riconosciuto come uno dei principali esponenti del Realismo magico, corrente artistica che includeva anche Antonio Donghi e Felice Casorati. La sua arte, caratterizzata da una realtà rielaborata che richiama ai canoni classici ma trasferita in un'atmosfera sospesa e indefinita, supera la realtà stessa, creando un'esperienza unica per l'osservatore. La sua carriera artistica si concluse a Venezia nel maggio del 1946, quando l'artista si spense, lasciando un'eredità unica nella storia dell'arte. Le sue opere, che spaziano dai ritratti ai nudi, dalle nature morte alle scene di vita popolare e alle immagini religiose, mostrano l'influenza dei pittori tedeschi della Nuova Oggettività. Uno dei suoi dipinti più noti, "Dopo l'orgia" (1928), rappresenta tre donne nude addormentate su un pavimento disseminato di bottiglie di vino, carte da gioco e sigarette, con un effetto che è più deprimente che eccitante. La precisione quasi fotografica con cui Cagnaccio di San Pietro dipingeva oggetti come granchi, aragoste o oggetti di vetro, testimonia la sua abilità nel rappresentare la realtà con una freddezza e precisione uniche. La sua salute si deteriorò negli anni '40, e trascorse gli anni della guerra ricoverato in un ospedale a Venezia, dove morì il 29 maggio 1946.
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