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Domenico Induno, nato a Milano il 14 maggio 1815 e morto nella stessa città il 5 novembre 1878, è stato un pittore italiano noto per le sue scene di genere e storiche. La sua vita e la sua arte si intrecciano strettamente con gli eventi storici e sociali dell'Italia del XIX secolo, riflettendo le aspirazioni e le lotte del periodo del Risorgimento. Figlio di una famiglia modesta, il padre Marco era cuoco e credenziere presso le cucine di corte, Domenico fu introdotto al mondo dell'arte in giovane età. Inizialmente lavorò nella bottega dell'orafo Luigi Cossa, collaboratore della Zecca, che riconobbe il suo talento e lo incoraggiò a iscriversi all'Accademia di Brera. Qui, Induno trovò maestri come Luigi Sabatelli e Pompeo Marchesi, che apprezzarono le sue qualità artistiche e lo influenzarono profondamente. Durante i suoi anni all'Accademia, Induno si distinse per la sua abilità nella pittura di storia, ottenendo quattro medaglie in un solo anno. La sua opera "Alessandro infermo" gli valse il Gran Premio di pittura nel 1839, un riconoscimento che gli permise di esentarsi dal servizio di leva e di ricevere una commissione per una tela destinata a Ferdinando I. Fu Francesco Hayez, tuttavia, a comprendere appieno le doti artistiche di Domenico, offrendogli uno studio nella propria abitazione e introducendolo al genere del ritratto e al collezionismo lombardo. Dal 1840, Induno iniziò a orientarsi verso la pittura di genere, ispirata a temi di vita quotidiana e ambienti familiari. Questa svolta artistica rifletteva il cambiamento dei gusti del pubblico e l'interesse per le rappresentazioni più intime e realistiche della società. Le sue opere di questo periodo, come "La vivandiera" e "La Questua", mostrano un profondo amore per la vita e i sentimenti degli umili, trasformando i protagonisti popolani in eroi delle sue narrazioni. La partecipazione di Induno ai moti del 1848 e il suo esilio volontario in Svizzera e in Toscana segnarono un periodo di riflessione e maturazione artistica. Al suo ritorno a Milano, si dedicò alla rappresentazione della quotidianità domestica e delle piccole vicende umane, esplorando temi legati alla miseria e alla condizione sociale degli strati più bassi della società. Opere come "Cosetta", ispirata al romanzo "I Miserabili" di Victor Hugo, e "L'uccellatore" evidenziano questa evoluzione stilistica e tematica. Negli anni successivi, Induno ottenne un grande successo di critica e di pubblico, partecipando a numerose esposizioni nazionali ed europee e ricevendo importanti riconoscimenti. La sua opera "La pace di Villafranca" riflette l'impegno civile e politico del pittore, narrando gli eventi storici contemporanei attraverso lo sguardo delle persone comuni. Nel 1863, Induno fu nominato Direttore dell'Accademia di Brera, un incarico che tuttavia lo allontanò dalle esposizioni annuali dell'istituto. Negli ultimi anni della sua vita, la sua produzione artistica si fece più sporadica e riflessiva, con opere che esprimevano un senso di malinconia e disillusione. Nonostante una grave malattia agli occhi che lo colpì nel 1878, Induno partecipò all'Esposizione Universale di Parigi, dove fu insignito della Legion d'Onore. Domenico Induno morì a Milano il 5 novembre 1878, lasciando un'eredità artistica di grande valore. La sua opera, profondamente radicata nel contesto storico e sociale dell'Italia dell'Ottocento, continua a essere apprezzata per la sua capacità di raccontare con sensibilità e realismo la vita e le aspirazioni del suo tempo.
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