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Eugenio Viti fu un pittore e scenografo italiano, nato a Napoli il 28 giugno 1881 e deceduto nella stessa città l'8 marzo 1952. Figlio di Angelo Viti, un impiegato militare, e di Emilia Porzio, di origini nobiliari, Viti si distinse per il suo contributo al panorama artistico del Novecento, lasciando un'impronta significativa nella storia dell'arte italiana. La sua formazione artistica iniziò nel 1894 presso il Regio Istituto di Belle Arti di Napoli, dove si distinse per il suo talento, ottenendo numerosi premi tra il 1904 e il 1906. Fu allievo di Michele Cammarano e Vincenzo Volpe, due figure di spicco dell'arte napoletana dell'epoca, e frequentò lo studio di Giuseppe Boschetto, un pittore non allineato al movimento morelliano. L'influenza di Cammarano fu particolarmente significativa per Viti, che adottò una pittura 'a corpo' e una pennellata costruttiva che caratterizzarono le sue opere. Nel 1907, dopo aver completato i suoi studi con il massimo dei voti, Viti si trasferì a Roma insieme ad altri artisti come Edgardo Curcio e Arturo Bacio Terracina. A Roma, frequentò la Scuola libera con modello vivente del Regio Istituto di Belle Arti e partecipò al concorso per il Pensionato artistico nazionale presso la Galleria nazionale d'arte moderna. Questa esperienza romana lo mise in contatto con varie situazioni artistiche italiane ed europee, ampliando i suoi orizzonti artistici. Durante la sua carriera, Viti esplorò diversi stili e correnti artistiche, partecipando attivamente al rinnovamento artistico napoletano. Fu tra gli organizzatori della Mostra Nazionale Giovanile del 1909 e si unì al gruppo della Secessione dei 23, con l'intento di modernizzare la pittura partenopea e renderla partecipe dei più recenti sviluppi delle avanguardie europee. Viti espose le sue opere in numerose città italiane, tra cui Roma, Milano e Napoli, e partecipò a diverse edizioni della Biennale di Venezia e della Quadriennale di Roma. Le sue opere furono apprezzate per la loro modernità e per l'uso innovativo del colore e della luce. Tra i suoi dipinti più noti, si ricordano "La schiena" (1929), "Grotta a Meta" (1925), "Punta Campanella" e "Lucilla". Oltre alla pittura, Viti si dedicò anche alla scenografia, realizzando le scenografie di due film nel 1940: "La danza dei milioni" di Camillo Mastrocinque e "La donna perduta" di Domenico Gambino. La sua attività di scenografo rifletteva la sua versatilità artistica e la capacità di adattarsi a diversi linguaggi espressivi. Nel 1944, in un periodo di grandi cambiamenti storici e culturali, Viti fu tra i fondatori della Libera Associazione degli Artisti Napoletani, un'organizzazione che mirava a promuovere l'arte e la cultura in un momento di rinnovamento post-bellico. La sua produzione artistica fu caratterizzata da una continua ricerca e sperimentazione. Anche nei suoi ritratti femminili e nei paesaggi, Viti mostrò una predilezione per le unioni cromatiche contrastanti e una pennellata densa e corposa. Le sue opere spesso sfioravano il simbolismo e riflettevano l'influenza dei pittori del Seicento partenopeo, da cui ereditò i potenti giochi di luce e ombra. Viti fu anche docente presso l'Istituto di Belle Arti di Napoli a partire dal 1919, trasmettendo la sua conoscenza e passione per l'arte alle nuove generazioni di artisti. La sua carriera fu coronata dal Premio Einaudi per la pittura nel 1950, riconoscimento che attestava il suo valore nel panorama artistico italiano. Eugenio Viti morì a Napoli nel 1952, lasciando un'eredità artistica di grande valore. La sua opera continua a essere studiata e apprezzata per la sua originalità e per il suo contributo al rinnovamento dell'arte italiana del Novecento.
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