La Galleria Ponti compra opere e sculture dello scultore Salvatore Grita ( Caltagirone 1828 - Roma 1912 ). Forniamo informazioni su prezzi, valore attuale di mercato, quotazioni, valutazioni e stime delle sue sculture.
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Salvatore Grita fu uno scultore italiano di rilevante importanza nell'ambito del realismo artistico del XIX secolo. Nato il 15 marzo 1828 a Caltagirone, in Sicilia, la sua vita fu segnata da un inizio difficile. Venne affidato in tenera età alle monache di clausura e solo più tardi fu riconosciuto dal padre naturale, il falegname Giovanni Grita, nel 1854. Il primo contatto di Grita con la scultura avvenne nella bottega del marmoraro catanese Pasquale Privitera, ma la sua formazione artistica prese una svolta decisiva quando, grazie a un sussidio del Comune di Caltagirone, si trasferì a Catania per ricevere un'istruzione artistica più qualificata. Qui entrò nello studio del pittore classicista Giuseppe Gandolfo, che influenzò notevolmente il suo stile e la sua tecnica. Grita si distinse per la sua capacità di rappresentare temi contemporanei con un approccio realistico e per il suo impegno sociale. La sua opera di esordio, "La speranza nella sventura" (gesso), modellata tra il 1855 e il 1856, affrontò un nuovo tipo di soggetto contemporaneo "di genere" di ispirazione morale e religiosa, che alludeva all'attualità politica. Questo lavoro rifletteva la sua capacità di fondere l'arte con le questioni sociali e politiche del tempo, una caratteristica che avrebbe continuato a definire la sua carriera. Una delle sue opere più note è "La Cieca leggitrice" (1868-69), che rappresenta una donna cieca che legge per mezzo del rilievo tattile, un soggetto che evidenzia la sua attenzione verso le tematiche sociali e la sua abilità nel trasmettere emozioni profonde attraverso la scultura. Grita fu anche un critico d'arte e le sue opinioni erano spesso in contrasto con le tendenze artistiche dominanti del suo tempo, come dimostrato dalle sue "Polemiche artistiche" pubblicate nel 1884. Nel corso della sua carriera, Grita ricevette numerosi incarichi per busti e monumenti, tra cui quelli di personalità importanti come Francesco Crispi e la moglie Rosalia Montmasson, nonché di Ruggero Bonghi e della regina Margherita. Il suo lavoro fu apprezzato per la capacità di catturare l'essenza dei suoi soggetti e per la sua abilità tecnica. Grita fu anche influenzato dalla cultura figurativa francese, grazie ai contatti con Ugolino Panichi, e dalla lezione del "bello naturale" di Lorenzo Bartolini. Le sue sculture successivamente continuarono a presentare temi sociali impegnativi, spesso ostici per il mercato artistico, ma finalizzati a stimolare la riflessione del pubblico. La sua vita fu segnata da un impegno costante verso l'arte e la società, e le sue opere riflettono un profondo senso di umanità e una critica alle condizioni socio-economiche del suo tempo. Grita morì a Caltagirone nel 1912, lasciando un'eredità artistica che continua a essere studiata e apprezzata per il suo contributo al realismo nella scultura italiana. La sua figura è stata oggetto di studi e pubblicazioni, tra cui "Salvatore Grita e il realismo nella scultura" di Anna Maria Damigella, che approfondisce il suo ruolo e la sua importanza nel contesto artistico del suo tempo. Le sue opere sono conservate in musei e collezioni private, e la sua arte continua a essere esposta in mostre e gallerie, testimoniando la sua duratura influenza nel campo della scultura.