La Galleria Ponti compra opere e sculture dello scultore Arturo Martini ( Treviso 1889 - Milano 1947 ). Forniamo informazioni su prezzi, valore attuale di mercato, quotazioni, valutazioni e stime delle sue sculture.
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Arturo Martini, nato l'11 agosto 1889 a Treviso e deceduto il 22 marzo 1947 a Milano, è stato uno dei principali scultori italiani attivi tra le due guerre mondiali, noto per la sua capacità di spaziare tra un vigoroso classicismo quasi romano antico e il modernismo. La sua vita e la sua opera si intrecciano strettamente con i movimenti artistici e le vicende storiche del suo tempo, rendendolo una figura emblematica dell'arte italiana del Novecento. Martini nacque in una famiglia di umili origini; suo padre era cuoco e sua madre, originaria di Brisighella presso Faenza, era cameriera. La sua infanzia fu segnata da difficoltà economiche e da un percorso scolastico problematico, che lo portò a essere prosciolto dagli obblighi scolastici nel 1901. Nonostante ciò, Martini mostrò fin da giovane un talento eccezionale per la scultura, iniziando a lavorare come apprendista in una bottega di oreficeria e successivamente in una manifattura di ceramiche. La sua formazione artistica iniziò seriamente quando frequentò la sezione di plastica della scuola serale di arti e mestieri di Treviso, diretta da Giorgio Martini, e successivamente lo studio dello scultore Antonio Carlini, che lo introdusse a tecniche scultoree avanzate. Nel 1909, Martini si trasferì a Monaco di Baviera per studiare sotto la guida dell'academico scultore Adolf von Hildebrand, un'esperienza che influenzò profondamente il suo stile iniziale, caratterizzato da un'espressione angolare ed emotiva. Nel corso della sua carriera, Martini esplorò una vasta gamma di stili e materiali, dalle delicate terracotte come "Moonlight" (1932) a figure drammatiche in pietra come "Thirst" (1934) e "Minerva" (1932-35). La sua opera "Corporate Justice" (1937), un grande rilievo per il Palazzo di Giustizia di Milano, rappresenta forse l'apice del suo successo artistico, dimostrando la sua abilità nel trasmettere tensione e movimento. Nonostante il riconoscimento e il successo, Martini sperimentò una crescente frustrazione per le limitazioni del mezzo scultoreo, culminata nella pubblicazione del pamphlet "Sculpture: A Dead Language" nel 1945, in cui esprimeva il suo disincanto per la scultura, considerandola un linguaggio morto. Questa posizione radicale rifletteva la sua costante ricerca di rinnovamento e sperimentazione artistica, che lo portò a distanziarsi persino dalle convenzioni del suo amato medium. Martini fu anche un fervente sostenitore del movimento futurista tra il 1914 e il 1918, entrando in corrispondenza con Umberto Boccioni e producendo un opuscolo modernista nel 1918. Le sue opere iniziali mostrano una tendenza arcaica, bidimensionalità ed effetti policromi, mentre le opere successive ritornarono a uno stile più tradizionale, ma con "ironia, agilità e una capacità eclettica di combinare o reinterpretare le fonti". Tra le due guerre, Martini divenne lo scultore semiufficiale del regime fascista, realizzando grandi monumenti e opere commemorative per tribunali, chiese e università. Tuttavia, dopo la caduta di Mussolini, sentendo che la sua arte era stata corrotta, pubblicò un saggio contro la scultura, attaccando il suo stesso mestiere. Nonostante il suo attacco al medium scultoreo, Martini creò un'opera significativa dopo la guerra, una scultura in marmo in tributo al leader partigiano Primo Visentin, noto come "Masaccio". Lavorò con molti materiali, ma non si allontanò mai dalla figurazione, sebbene fosse capace di modellare forme astratte, come testimonia la sua "atmosfera di una testa" del 1944. Arturo Martini esercitò una grande influenza sui successivi scultori italiani, tra cui Marino Marini, Emilio Greco, Marcello Mascherini, Pericle Fazzini e la sua studentessa Fiore de Henriquez, lasciando un'eredità duratura nel panorama artistico italiano e internazionale.